Sergio Lattes: Amatori? Sì grazie.
Lo spunto per questa relazione a opera di Sergio Lattes, integralmente disponibile sul sito di AASP, Associazione per l’abolizione del solfeggio parlato, è offerto dall’iniziativa di AIMA (Associazione Italiana Musicisti Amatori) in collaborazione con MaMu (Magazzino Musica): una serie di tavole rotonde sull’amatorialità musicale e sulle sue relazioni con la cultura musicale e con la società.
LA MUSICA AMATORIALE E LA DIDATTICA
Un primo nodo complesso riguarda la didattica. Andrea Melis, direttore della Civica di Milano, dice giustamente che la scelta professionale dovrebbe compiersi “nel tempo” e non dall’inizio, come tradizionalmente avviene nei Conservatori. E che tutti gli allievi, fino al compimento di quella scelta, “sono tutti amatori”. Inoltre, come testimonia autorevolmente Antonio Ligios, presidente della Conferenza dei direttori dei Conservatori di musica, nella conversazione che ci ha dedicato su questo sito nello scorso marzo: Trascurare l’importanza dell’amatorialità musicale è un atteggiamento miope, tanto da parte nostra quanto da parte dei teatri. Se non si diffondono gli strumenti per poter “leggere”, e non solo in senso letterale, la musica e lo spettacolo di teatro musicale, il rischio che si corre è l’estinzione del pubblico.
Servirebbe dunque sviluppare e diffondere una didattica alternativa a quella conservatoriale che, come Pierre François espone nel saggio “Cos’è un musicista? Professionisti e amatori“, “impone un progetto di tipo professionale che agli amatori è estraneo a priori. Ed è immediatamente orientato verso l’eccellenza e la professionalizzazione”.
Ma anche se ne viene universalmente riconosciuta l’utilità e la specificità, la musica amatoriale è considerata un tabù per il mondo della formazione musicale ufficiale, almeno in Italia. Nello scorso febbraio-marzo, come Associazione per l’abolizione del solfeggio parlato abbiamo mandato una breve lettera ai direttori delle istituzioni Afam chiedendo fra l’altro se avessero iniziative destinate agli amatori. Solo una piccola parte degli istituti ha risposto, e sopratutto solo 4 di loro (su oltre un’ottantina) ha risposto positivamente.
LA MUSICA AMATORIALE E LA MUSICA PROFESSIONALE
Un secondo punto è che – secondo Tommaso Napoli, Presidente di AIMA – i Conservatori pubblici e privati continuano a crescere ma le risorse economiche che il Paese dedica alla produzione musicale continuano a restringersi. si forma dunque nella vita musicale una “zona grigia” costituita dalle molte persone che hanno ricevuto un’istruzione musicale formale, vorrebbero diventare professionisti della musica e non ci riescono. E coinvolge anche gli insegnanti di musica: quasi tutti i musicisti insegnano, ai più vari livelli: molti non suonano affatto, pochissimi suonano molto. E molti invece suonano più o meno sporadicamente. Sono professionisti o amatori?
Di qui il crearsi di un’area di “cattivo professionismo”, basato su finti rimborsi spese, spesso in nero, che costituisce una pesante distorsione del mercato del lavoro musicale. E talvolta una vera forma di truffa: l’organizzatore è esposto alla tentazione di inserire nella programmazione un’orchestra amatoriale che suona anch’essa senza compenso, magari senza dire che è un’orchestra amatoriale… e così “fa borderò”, fa numero, e abbatte i costi di produzione. La questione del confine fra amatori e professionisti non è dunque affatto oziosa e riguarda a più livelli il mondo della musica classica nel suo complesso: amatoriale e professionale.
LA MUSICA AMATORIALE COME STRUMENTO DI BENESSERE
Infine, oltre alla funzione educativa e a quella professionale, in Italia manca il fatto etico di coltivare una “fonte di felicità”, uno strumento di benessere. Ne parla con il suo caratteristico entusiasmo Laura Riccardi: gli amatori hanno passione, competenza, conoscenza approfondita della musica. Ma non conoscono lo stress di “fare tutto giusto” che ossessiona il professionista. Non vivono i mille condizionamenti che di ogni professione sono tipici. Se hanno paura prima di suonare, contrariamente al professionista possono confessarlo candidamente, e così aiutarsi. E magari suonano anche molto bene…
Sentite anche cosa ne pensa un altro celebre professionista, il pianista Roberto Prosseda.