Levi Minzi: L’Italia non è un paese per musicisti amatori
Questa testimonianza è un estratto della tavola rotonda sull’amatorialità musicale e sulle sue relazioni con la cultura musicale e con la società organizzata da AIMA in collaborazione con MaMu dal titolo Per gioco e per Amore.
In Italia non esiste da tempo immemorabile una educazione musicale generale, che è disponibile, sostanzialmente, solo per chi possa permettersi gli elevati costi di lezioni private.
Troppo spesso le scuole di musica sono soltanto parcheggi per bambini, peraltro costretti ad attività extra scolastiche varie (sport, catechismo etc.) che a loro volta portano, come risultato finale, all’odio e al conseguente abbandono, il più delle volte senza ritorno.
Ciò spiega il decremento del pubblico, cioè di quella utenza che dovrebbe garantire l’attività di professionisti a loro volta formati in istituzioni nate da due riforme sbagliate, la prima del 1930 a causa della sua impostazione ideologica, la seconda del 1999, attuata in fretta e furia per imposizione della Comunità europea e, conseguentemente mal riuscita, incompleta e mancante della strutturazione dei segmenti inferiori e medi dei corsi di studi e, quindi, a tutt’ora incompiuta.
Continua a mancare una educazione musicale di base e certamente non si può definire tale quel poco che si fa nelle scuole elementari e secondarie di primo grado, né è previsto un incremento di questo tipo di formazione che, nonostante crisi e tagli che si avvertono dovunque, è molto più presente specialmente in Germania e Russia dove, non a caso, l’età media del pubblico è comunque decisamente più bassa.Il panorama è, quindi, desolante e non si vede soluzione, anzi i segnali che provengono dalla dirigenza scolastica sono sconfortanti.
Dopo la nostra conferenza è giunta la notizia del rifiuto di apertura di un liceo musicale a Rovigo, caso molto probabilmente non unico. La conseguente conclusione è che l’unica prospettiva per lo sviluppo della musica amatoriale sia il “fai da te” come già nei fatti succede.