Making Music: la musica, un hobby per migliaia di gruppi nel Regno Unito
Passi anni a imparare uno strumento: tua madre ti ricorda sempre che devi studiare, tuo padre quanto costa. Alla fine, inizi a goderti la musica e da adolescente riversi nel tuo modo di suonare le paure e i dolori degli amori non corrisposti, salvandoti da anni di psicoterapia.
Ma poi compi 18 anni, finisci la scuola e il tuo insegnante di strumento dice ai tuoi genitori che non sei abbastanza bravo per fare il professionista. Vai all’università o al lavoro e smetti di suonare.
Ma i tuoi sentimenti non si fermano; il tuo godimento della musica non si ferma; lo stress non si ferma; solo che fare musica non è più una soluzione per i tuoi problemi e suonare non è più parte della tua vita. Solo perché non puoi farne il tuo lavoro.
Non ci sembra giusto! Davvero fare musica può essere parte della vita di tutti?
Questo è stato l’atteggiamento nel Regno Unito almeno dalla metà del XIX secolo, quando organisti e insegnanti fondarono le società corali, i musicisti militari in pensione crearono le bande di ottoni e vennero istituite orchestre amatoriali per educare e divertire musicisti e pubblico locale.
Questi gruppi musicali, oggi almeno 15.000 nel Regno Unito, sono composti da musicisti amatori (“amateur musicians”) adulti. In italiano si capisce meglio che in inglese che la parola “amateur” deriva dal latino “amare”. Non significa ‘dilettantesco’ (“amateurish”) – nel senso di interpretato male da un non-professionista – ma significa interpretato da qualcuno per amore e non per soldi.
Ed è l’amore – l’amore per la musica e l’amore di suonare con gli altri – che fa incontrare le persone ogni settimana nei gruppi musicali amatoriali di tutta l’Inghilterra, della Scozia, del Galles e dell’Irlanda del Nord.
Ma in Gran Bretagna non li chiamiamo più “amatori”. Non tutti suonano musica classica e i gruppi jazz, folk e rock o le brass band, per esempio, non comprendono e non usano la parola “amatori”.
Inoltre, non tutti i membri di gruppi sono dilettanti, nel senso di non-professionisti. Alcuni si sono formati professionalmente e hanno poi scelto una carriera diversa, sia in ambito musicale sia in altri settori. Alcuni musicisti professionisti diventano insegnanti di musica a tempo pieno, ma di sera vogliono ancora suonare in gruppo, anche se non è il loro lavoro.
I gruppi non pagano i loro membri, ma di solito pagano un direttore professionale e un accompagnatore se sono un coro, e talvolta assumono artisti professionisti pagati, come i solisti o per esempio se sono a corto di oboi o fagotti per un concerto.
Quindi come chiamiamo questi gruppi? E chi siamo “noi”?
E noi siamo “Making Music”, l’associazione britannica per i gruppi musicali, con oltre 3.600 membri, che rappresentano circa 200.000 persone. Making Music supporta gruppi con servizi pratici (come per esempio l’assicurazione), li celebra con progetti ed eventi speciali, li collega tra loro e li rappresenta: siamo la voce del settore musicale del tempo libero.
Li chiamiamo “gruppi musicali per il tempo libero” perché sono composti da persone che fanno musica insieme nel loro tempo libero; in questi gruppi ognuno è un musicista per hobby, anche se originariamente istruito come professionista.
Scoprite di più su www.makingmusic.org.uk – e raccontateci come si fa musica in Italia.
Barbara Eifler, Amministratore delegato, Making Music, www.makingmusic.org.uk