La musica amatoriale in Italia – Orchestre amatoriali
Quante sono le orchestre amatoriali in Italia? Che fine fa chi suona ma non è un professionista? Come funziona invece nel resto d’Europa e nel mondo?
QUANTI MUSICISTI CI SONO IN ITALIA?
Quando abbiamo fondato la nostra associazione AIMA, nel 2012, la nostra esigenza era trovare musicisti appassionati interessati a suonare con noi: violinisti, violoncellisti, contrabbassisti, fagottisti, oboisti, ecc…
Per cercarli siamo partiti ovviamente dai Conservatori: 88 in Italia con circa 3 studenti ogni insegnante per un totale di 22.000 studenti iscritti ai corsi AFAM e 7.000 docenti.
In realtà studenti e insegnanti sono molti di più se consideriamo i licei, i corsi pre-accademici e il vastissimo numero di scuole di musica private non necessariamente “professionalizzanti”. A Milano il rapporto è di 2 istituti accademici (Conservatorio e Civica) a fronte di circa 60 scuole medie a indirizzo musicale SMIM (erano 1081 nel 2012 in tutta Italia) e oltre 200 private (fonte: Pagine Bianche.it).
Considerando solo le scuole private, se queste fossero le proporzioni avremmo 8.800 scuole di musica private in Italia, con relativi insegnanti e studenti. Per dare un dato ufficiale, secondo una ricerca del 1998 condotta da ISPO sugli Italiani e la pratica musicale, il 60% dei ragazzi tra 10 e 17 anni ha suonato o suona uno strumento. E’ un dato altissimo e positivo, anche se i licei musicali secondo il CODIM – Comitato Docenti Indirizzo Musicale – sono solo 37.
Solo nelle scuole private, nella sola area metropolitana di Milano, che conta circa 2 milioni di persone, dovrebbero dunque esserci almeno 10.000 studenti e 2.000 insegnanti di musica ipotizzando circa 50 studenti e 10 insegnanti per scuola (ci sono scuole private con oltre 800 studenti).
Nelle scuole private, circa 2 studenti su 3 sono bambini o giovani adulti, dunque gli adulti che studiano musica dovrebbero essere oggi circa un terzo di 10.000 = 3333 musicisti adulti. Senza contare i giovani studenti della Civica o del Conservatorio che non per forza faranno i professionisti e che sono dunque interessati a fare orchestra e trovare compagni per suonare, oltre che gli ex allievi (diplomati e non) che oggi fanno un altro lavoro. Ci sono dunque – o perlomeno potremmo ipotizzare la loro esistenza – circa 3000 musicisti amatori adulti nell’area di Milano. Ovviamente questi sono calcoli spannometrici: il numero rischia di essere significativamente più alto.
Sorge allora subito spontanea una domanda: dove sono tutti questi musicisti, cosa fanno? Tutti quelli che non riusciranno a fare una carriera professionale, come portano avanti attività musicale, come, cosa e con chi suonano?
COME FUNZIONA IN GERMANIA?
Per rispondere alla domanda, abbiamo provato a vedere com’è la situazione in altri paesi Europei. La prima cosa che stupisce è che in Germania – per esempio – non bisogna cercare nelle scuole di musica la risposta alla domanda “dove e come suona la gente che non suona di professione”, ma nelle orchestre amatoriali.
Infatti in Germania le orchestre professionali sono circa 100 e affianco a queste ci sono anche 800 orchestre sinfoniche amatoriali (per numero e tecnica anche in grado di suonare dignitosamente repertori difficili come Mahler e Bartok), 21.300 cori, 18.440 bande di ottoni, 720 orchestre a plettro.
Dunque per ogni orchestra professionale esistono 15 amatoriali sinfoniche, 213 cori, più di 180 bande e 7 orchestre a plettro.
E in Italia? Le orchestre italiane con uno staff fisso sono circa 40. Quante sono le orchestre sinfoniche amatoriali? Ne abbiamo contate 5 con almeno 40 musicisti amatoriali stabili (La Verdi per Tutti a Milano, L’Orchestra Carisch di Milano, OSAI a Cuneo, L’Orchestra Sinfonica Santa Croce a Roma e ContrArco, l’Orchestra di AIMA, a Milano). Sicuramente esisterà qualcos’altro anche se non ne siamo ancora a conoscenza.
Dunque 5 orchestre amatoriali sinfoniche, 2000 cori (dato Feniarco), 2300 bande.
Se in Germania ci sono 15 orchestre sinfoniche amatoriali per ogni orchestra sinfonica professionale, in Italia il rapporto è praticamente invertito: un’orchestra amatoriale ogni 8 professionali. In ogni caso non ci avviciniamo neanche lontanamente a una parità di numeri.
Tuttavia – anche se in Italia la cultura (e ancor più quella dal basso o amatoriale) non gode di nessuna considerazione, resta comunque un punto: come si concilia in Italia questo dato con la realtà delle scuole di musica di cui parlavamo? E’ vero che i tedeschi considerano la musica classica come parte della loro tradizione e che la amano in modo particolare, ma… anche noi italiani! Dal barocco alla lirica non siamo secondi a nessuno. Perché – sebbene in Italia ci siano tantissime scuole di musica e musicisti – la gente non canta e non suona per passione come in Germania?
E A LONDRA E IN FRANCIA?
La musica amatoriale in UK è radicata storicamente e socialmente, tanto che nella sola Londra le orchestre amatoriali sono più di 200 (4000 in UK), ma anche in questo caso forse si parla di una cultura musicale diversa, di un’educazione musicale costruita sulla socialità e basata sul modello dei Conservatori Italiani pre-napoleonici, gli orfanotrofi di vivaldiana memoria. Invece in Italia abbiamo un sistema di conservatori mutuato da quello francese, di istituti professionalizzanti dedicati all’educazione musicale fin dalla tenera età e destinati non a creare socialità attraverso la musica ma a formare i musicisti funzionali alle esigenze della società (celebrazioni civiche, concerti, teatri, bande militari, feste religiose).
Però… a Parigi ci sono 30 orchestre amatoriali. In tutta la Francia 38 orchestre professionali (e “solo” 39 Conservatori). E anche in altri paesi che non possono certo vantare la tradizione e la “cultura” musicale italiana, come – con tutto il rispetto – la Svizzera, il Belgio, l’Olanda o la Norvegia, è immenso il divario con l’Italia in fatto di musica amatoriale.
59 orchestre amatoriali di adulti in Norvegia (uno Stato che non ha neanche 5 milioni e mezzo di cittadini, la metà della sola Lombardia che ne conta più di 10 milioni), 235 in Olanda, mentre in Belgio il gruppo di musica da camera amatoriale dei Cambristi (giusto per fare un esempio diverso dalla musica sinfonica) conta oltre 500 membri (a fronte di poco più di 250 – la metà – a Milano, città italiana per eccellenza votata alla musica).
Senza contare che nella maggior parte di questi Paesi i gruppi di amatori, per quanto riguarda sia la musica sinfonica sia quella da camera, sono a un livello tecnico e organizzativo imparagonabile a quello italiano: per fare un esempio, nessuna orchestra sinfonica amatoriale italiana è in grado (né per tecnica, né per numeri) di suonare una sinfonia di Mahler, al contrario delle orchestre amatoriali tedesche, belghe o olandesi. Lo stesso vale per la musica da camera: mentre nel gruppo dei Cambristi di Bruxelles o di Ginevra ci sono musicisti amatori in grado di suonare quartetti di Ravel o dell’ultimo Beethoven, pochissimi i musicisti italiani in grado di fare altrettanto che si definirebbero amatori.
CHE FINE FA CHI SUONA MA NON E’ UN PROFESSIONISTA?
Forse dicendo questo si è già svelato “dove sono i musicisti amatori italiani”. Che fine fanno quelli che dopo gli studi di musica non faranno i professionisti? Di fatto, smettono di suonare. O continuano a ritenersi professionisti anche quando non lo sono.
Ricordo ancora a questo proposito il caso emblematico di un clarinettista che – invitato a suonare con la nostra orchestra – ha risposto che era un professionista e dunque voleva un “rimborso spese” (l’eufemismo che viene usato più spesso in Italia per indicare un pagamento, spesso in nero). Era inconcepibile per lui dover pagare 15€ di tessera associativa ad AIMA per suonare con noi.
E infatti non è mai venuto a suonare con noi, ma due anni dopo ci ha ricontattato perché desiderava formare un’orchestra amatoriale… E sono anche diversi i gruppi amatoriali a Milano che, pur annoverando tra i propri musicisti ragazzi, studenti, lavoratori in altri settori, persone che non hanno nemmeno completato la metà del curriculum di studi di Conservatorio e nemmeno un professionista si vergognano di definirsi amatori, si ritengono “professionali volontari”, in quanto “amatoriale” significherebbe per forza “di basso livello”.
Anziché vivere serenamente e senza competizione la musica come un hobby nobile – esattamente come lo sport – sano, culturalmente e socialmente utile che può occupare il tempo libero del 99% di chi suona, in Italia ci viene spessissimo insegnato sin da piccoli che se si suona “dobbiamo tutti fare i professionisti” e “non si suona gratis”, anche se è evidente che possa essere una professione solo per chi ha davvero talento da vendere e lo coltiva con ogni giusto mezzo.
Del resto anche su Facebook proliferano pagine tipo “Musicisti non suonate mai gratis” e in effetti i Conservatori – oggi vere e proprie università – hanno tradizionalmente espresso una forte vocazione professionale (e talvolta si si mostrano anche decisamente ostili verso la musica amatoriale in Italia). Si ha così l’impressione che esista una sorta di pretesa di fare i professionisti e che pochissimi si rendano conto che – almeno al momento – non c’è domanda per questo professionismo. Che dei 20.000 studenti attualmente iscritti ai corsi universitari, l’85% di quelli che terminerà i corsi e lavorerà in ambito musicale (che è comunque solo una piccola parte del totale di chi ha studiato uno strumento) farà l’insegnante, solo il 10% il musicista.
Il limite del “sistema” italiano è proprio che solo una minima parte dei docenti spiega ai suoi studenti che fare il musicista professionista non è l’unico modo possibile di fare musica e che vale la pena suonare sempre. Dunque praticamente nessuno spinge a suonare e amare la musica al di fuori di una logica professionale, tutti vogliono lavorare come musicisti e chi non ce la fa passa in breve dalla frustrazione all’abbandono, anziché coltivare una passione sana e bella. Con tutto quel che si perde in termini di “diffusione della cultura”, concetto tanto osannato quanto spesso poco compreso.
QUAL E’ LA CAUSA DEL PROBLEMA?
E’ difficile da ammettere, ma illudere i giovani (anche solo i 20.000 studenti dei soli conservatori….) che il musicista – tra l’altro spesso identificato con la sola figura del solista – è una professione alla portata di tutti è semplicemente irrealistico. Perché non dire invece ai propri studenti che – se anche non faranno i professionisti – potranno sicuramente continuare a suonare e divertirsi, anche facendo musica classica?
Invece, sempre per citare un caso concreto, quando siamo andati a chiedere ad un docente di Contrabbasso del Conservatorio di Milano se avesse qualche alunno o ex alunno interessato a suonare con noi (una sinfonia di Beethoven) la risposta – laconica – è stata “Quelli in grado di farlo devono essere pagati, gli altri non ve li mando perché non sono capaci”.
Ed è un sbagliato perché è un diritto fondamentale di ogni individuo poter esprimere se stesso in forme culturali e artistiche, anche se non si appartiene alla ristretta élite dei professionisti, come tra l’altro recitato dal primo dei 5 “Music Rights” proposti da IMC. Anche se non si viene pagati per farlo, suonare fa bene, sia all’individuo sia alla società. Innanzitutto perché, come scrive David Byrne nel suo libro “Come funziona la musica”, l’atto di creare musica e arte ha un effetto molto diverso e più benefico su noi del semplice consumare passivamente la musica.
Inoltre perché coltivare una sana tradizione di musica amatoriale in Italia, fatta di associazioni trasparenti di musicisti amatori che si mettono insieme per coltivare la propria passione, non può che favorire una crescita sana sia della società (che diventa colta, raffinata, amante delle arti) sia del settore musicale professionale. Infatti (e qui torniamo alla “domanda” di mercato di musica) gli amatori sono il pubblico, gli allievi, i primi sostenitori, il mercato dei musicisti professionisti e dell’arte.
Più le persone sostengono l’educazione musicale al di là dei suoi esiti professionali, più le persone suonano e hanno occasioni di suonare amatorialmente, più le sale da concerto saranno nutrite di pubblico colto, attento e preparato e dunque che pretende artisti di primaria importanza. “Tutti musicisti“ significa anche spettatori competenti che non solo ascoltano musica classica, ma sono anche in grado – per aver suonato – di comprendere le reali sfumature tecniche di quel che accade. E come nel calcio, più il pubblico degli appassionati domenicali è ampio e colto della materia, più il livello sarà alto per i professionisti e il mercato florido.
A questo proposito, le orchestre amatoriali in UK (circa 4000 e anche qui con punte di eccellenza più elevate delle medie orchestre semi-professionali italiane) generano un indotto di oltre 80 Milioni di sterline l’anno tra affitti sala, stipendio del direttore o dei tutor, affitto strumenti ecc… In Italia questo indotto semplicemente non esiste, perché le persone non si organizzano per dar vita alle loro orchestre amatoriali. E se altrove esistono intere specializzazioni musicali in “educazione musicale degli adulti”, “dirigere orchestre non professionali”, da noi è un mondo musicale che non c’è.
COSA POSSIAMO FARE NOI?
E quindi veniamo al motivo per cui abbiamo fondato AIMA – Associazione Italiana Musicisti Amatori: per dare la possibilità a chiunque in tutta Italia suoni per passione di entrare in contatto e fare musica insieme, anche e ben oltre i confini di una singola orchestra. In una parola: per promuovere la musica amatoriale in Italia.
Per questo facciamo laboratori aperti di musica, workshop con musicisti amatori stranieri, raduni di musica da camera, laboratori di improvvisazione creativa, diamo la possibilità anche ai musicisti di venire e proporre un loro progetto (come il recente gruppo di musica rinascimentale o intere orchestre che si associano). Ma soprattutto mettiamo in contatto i musicisti tra loro. Decine di persone (abbiamo circa 300 membri in tutta Italia) si incontrano, suonano, intessono relazioni musicali senza nemmeno dover rendere conto centralmente.
E questa è AIMA: un ponte, un link tra musicisti amatori che vogliono incontrarsi e fare musica insieme, senza limiti di età o di livello. E speriamo davvero che piano piano anche in Italia si cominci a parlare del valore della musica amatoriale, perché è la base della piramide su cui si regge tutto il sistema musicale professionale, educativo, anche giovanile. Perché poi sappiamo tutti che chi fa studiare musica ai figli è chi ama la musica.